SI AVVIA A CONCLUSIONE LA STORIA DEL PALAZZO OCCUPATO DI VIA CARLO...

SI AVVIA A CONCLUSIONE LA STORIA DEL PALAZZO OCCUPATO DI VIA CARLO FELICE

E’ in atto in questi giorni l’uscita concordata dal palazzo occupato da oltre 14 anni a Via Carlo Felice. E’ stato un lavoro lungo che è partito con il censimento di novembre 2017 condotto dal Primo Municipio in accordo con gli occupanti del palazzo. C’è voluto tempo. Si è affermato un principio che dovrebbe essere naturale ma che risulta, in questi tempi, innovativo. Si è partiti dalle persone, dal disagio sociale, dalla povertà (che non può essere una colpa) per cercare risposte che garantissero il giusto diritto della proprietà senza ferire, bloccare, interrompere processi di radicamento che le famiglie – in grande sintonia con il territorio che li circonda – avevano costruito. con fatica. Come Municipio ci abbiamo creduto e abbiamo visto crescere gli attori al tavolo che abbiamo fortemente voluto. Ognuno ha fatto una parte Municipio, Comune, Regione, Proprietà, Occupanti. Ognuno ha capito il valore di quello che veniva proposto. Il lavoro non finisce ora, ma inizia. Perchè la sfida è accompagnare verso l’autonomia questi nuclei familiari che hanno sottoscritto l’accordo.  Si è avviato un cammino dove le priorità sono state la non divisione dei nuclei familiari, la garanzia di continuità nella frequentazione delle stesse scuole per le bambine e i bambini, le garanzie per gli anziani e le persone con disabilità. Voglio ringraziare veramente tutti gli attori a partire dai servizi sociali del Municipio che hanno lavorato instancabilmente e con passione, il Comune e la sala operativa sociale, la Regione Lazio, la Sidief (proprietaria dell’immobile), le ragazze e i ragazzi del centro sociale al piano terra del palazzo che hanno accolto il valore del progetto che veniva costruito con le famiglie e hanno lasciato la sede che occupavano da vari anni, e infine le famiglie, le persone le donne e gli uomini che abbiamo conosciuto in questi anni che hanno raccontato le loro storie, hanno pianto, si sono arrabbiate. Hanno portato nel dibattito pubblico quell’umanità che è indispensabile per confrontarsi con il disagio e la povertà rinunciando ad arrivare con la boria di chi pensa di essere migliore solo perchè non ha bisogno di essere aiutato

 

L’Avvenire.it del 18 febbraio 2019

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